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L'Abbazia di S. Eutizio


Premessa

Premessa - VALLE FRAZIONE DI PRECI

L'Abbazia di S. Eutizio è uno dei luoghi più caratteristici e interessanti di questa Umbria mistica "terra di santi" decantata da scrittori e poeti, ammirata e gustata dai pellegrini dello spirito, battuta in lungo e in largo da frotte di turisti in cerca di chissà quale atmosfera magica.

Situata a confine tra le marche, il lazio e l'abruzzo, incastonata tra i monti sibillini in una zona tornata quasi deserta come al tempo dei Santi, ci colpisce per la sua intensità spirituale e umana.

Due aspetti della sua lunga storia in continua tensione che da una parte fanno emergere l'originale santità dei nostri eremiti dall'altra la genialità dello spirito umano illuminato dalla fede.

Un intreccio di arte, una sfida continua alla corrosione del tempo che tutto vuole travolgere e dimenticare.

Quando puoi si vuol conoscere più approfonditamente la storia dell'Abbazia queste impressioni vengono confermate: alti e bassi continui, luci e ombre, slanci mistici e interessi terreni, espansione e decadenza, inizio e sviluppo della vita monastica e sua totale estinzione.

Anche senza monaci l'Abbazia continua ad essere gelosa custode delle memorie dei Santi e di un glorioso passato.

Analizzando la storia dobbiamo riconoscere che questa Abbazia è stata particolarmente fortunata! O meglio particolarmente protetta dai suoi Santi!

Quante piccole abbazie hanno fatto una brutta fine! Incamerate dallo stato nel secolo scorso, abbandonate, crollate o acquistate da privati, trasformate in ville o albergo ristorante|!

Sono passati 1600 anni, il culto di S. Eutizio non è mai venuto meno, anzi, in momenti di crisi, di grande buio e decadenza proprio partendo dal culto del Santo l'Abbazia ha ritrovato nuovo slancio, nuova energia di vita.

E' stata per alcuni periodi trascurata ma... meglio trascurata che deformata!

La Chiesa abbaziale che è anche chiesa parrocchiale dopo il terremoto del 1979 è tornata al suo splendore, in essa l'arte rivela l'intima bellezza della fede.

Anche il monastero ha riaperto le porte come casa di accoglienza per la preghiera al fine di recuperare il più possibile la grazia propria di questo luogo.


L'opera di Don Ernesto Benedetti

L'opera di Don Ernesto Benedetti - VALLE FRAZIONE DI PRECI

Don Ernesto Benedetti dedicò più di mezzo secolo al rinnovamento spirituale e materiale del santuario eutiziano. Nominato parroco di S. Eutizio da Mons. Marini il primo maggio 1908, si mise subito all'opera con uno zelo ed un ardore che non venne mai meno. Cercò di riportare il monumento, che si trovava in condizioni miserevoli, al suo stato primitivo.

Incominciò subito con un tentativo di rivendicare a S. Eutizio le preziose opere d'arte, che furono asportate nel 1883 e depositate nella pinacoteca civica di Spoleto. Per questo motivo intentò un'azione civile nei confronti del Sindaco di Spoleto ma senza raggiungere lo scopo. Le autorità sostenevano che i tesori, in S. Eutizio, sarebbero stati esposti a nuovi trafugamenti. Diresse allora la sua azione verso altre mete: il consolidamento e il ripristino artistico dell'edificio monumentale.

Nel 1913 fece una circolare in preparazione del quarto centenario del rinvenimento del corpo del Santo nel 1514. L'anno successivo aprì una sottoscrizione per l'apertura della cripta.

La fine del primo conflitto mondiale diede l'avvio ad una serie di iniziative e di opere: venne demolita la copertura a volta del secolo XVI, non priva di eleganza ma giudicata pericolosa alla stabilità dell'edificio. Si provvide alla riapertura e al ripristino della cripta, con opere illustrate dallo stesso D. Ernesto in una monografia documentata e corredata di figure, intitolata: "La Cripta" (Foligno, 1935).

Vennero riaperte le finestre laterali e consolidate alcune arcate di sostegno del piazzale d'ingresso, della base del campanile, dei tetti dell'ex-monastero. Fu restaurato il rosone della facciata e la facciata stessa. Anche gli oggetti artistici del coro, della sacrestia e della chiesa vennero restaurati.

Don Ernesto ottiene perfino l'apertura d'una via rotabile da Piedivalle all'Abbazia.

I lavori di restauro si prolungarono per circa un triennio. Furono però iniziati sotto l'influenza dei gusti antibarocchi del tempo senza senza un adeguato studio del monumento.

Il 29 giugno 1940 un enorme masso, staccatosi da un vecchio contrafforte eretto in epoca imprecisabile a sostegno della base del campanile, sfondò il tetto e la volta della cappella di S. Urbano Papa, finendo sulla navata centrale, distrusse la tela del Roncalli e una venerata immagine della Madonna della Consolazione.

La necessità di riparare il danno offrì l'occasione per compiere alcune opere che hanno dato un aspetto nuovo alla chiesa abbaziale. La cappella di S. Urbano, e le altre tre laterali, di S. Antonio, di S. Fiorenzo e del SS. Rosario, erette al tempo dell'abate Crescenzi, vennero demolite mentre la grande navata venne restituita alla forma che aveva nella prima metà del secolo XVI. Anzhe la scalinata centrale a doppia rampa del presbiterio, costruita dal Crescenzi, venne demolita riaprendo le porte laterali di accesso alla cripta e l'ampia scalinata centrale come era anticamente. In questo modo vennero riportati alla luce pregevoli affreschi di diverse età e la tomba vuota che presumibilmente era il "primitivo avello di S. Eutizio".

Le iniziative di Don Ernesto richiamarono a S. Eutizio molti visitatori. Nel 1929 venne fatta esposizione di arte sacra locale a S. Eutizio che ebbe un felicissimo successo. Nel  mese di giugno del 1956 fu celebrata con solennità la riapertira al culto della chiesa, con l'intervento del card. Alfredo Ottaviani.

Ma Don Ernesto oltre che geloso custode dell'abbazia fu anche parroco di S. Eutizio per oltre sessant'anni, rappresentando per vari lustri un simbolo.

Ha infatti rinunciato, per lo smisurato affetto che nutriva per la sua abbazia, ad una brillante carriera religiosa.

Uomo forte ma di duttile carattere coltivava in se tutte le doti di fine diplomatico e di acuto uomo politico, mai disdegnando di scendere in campo per la difesa e lo sviluppo dell'abbazia, per la quale si addoperò per l'inserimento nella guida del touring e per la quale lottò, con pieno successo, per ottenerne l'iscrizione tra i monumenti nazionali. Vicino al trapasso l'ultima realizzazione per l'abbazia: l'elettrificazione delle campane nel 1970.

Sacerdote umile, ma saldo nella fede, Don Ernesto evoca quanto di meglio può rappresentare per i suoi fedeli e per i suoi superiori, da i quali fu inviato a Roma quale rappresentante diocesano alla preparazione della fondazione del partito popolare "liberi e forti", lavorando, vicino a Don Sturzo.

Sacerdote e uomo di azione, ma soprattutto uomo di Dio, Don Ernesto oltre che per lo smisurato affetto per la sua abbazia ha lasciato un ricordo indelebile tra quanti lo hanno conosciuto; impegnato nella realtà sociale locale per migliorare le condizioni della sua gente, per contribuire allo sviluppo, alla costruzione di una comunità politica ed amministrativa più solida ed onesta. Ha educato cristianamente, culturalmente e civilmente ben quattro generazioni.

Novant'anni spesi per la sua abbazia e per i suoi parrocchiani.


L'Abbazia di S. Eutizio oggi

L'Abbazia di S. Eutizio oggi - VALLE FRAZIONE DI PRECI

Il primo maggio 1989 l'arcivescovo Antonio Ambrosiano benedice ed incoraggia la riapertura dell'Abbazia. E' sorprendente per noi l'interesse, l'amore da parte di tanti, tantissimi, verso questo luogo, il nostro merito è solo quello di aver riaperto le porte e subito, come neanche noi lo sappiamo, l'abbazia ha iniziato a pulsare e a rivivere! Abbiamo chiesto aiuto ai "grandi" per restaurare ma spesso "siamo tornati a mani vuote", abbiamo imparato a fidarci solo della Provvidenza che muove il cuore della gente semplice ed ha creato intorno a chi ha la grazia di abitare nell'abbazia una collaborazione discreta e perseverante fatta di preghiera e di servizio.


Dal 1989 ad oggi le opere realizzate

Dal 1989 ad oggi le opere realizzate - VALLE FRAZIONE DI PRECI

- Resturo della chiesa e dell'altare, riportate in sede tutte le opere d'arte e le suppellettile sacra, asportate per il terremoto del 1979.

- Nuovo organo a canne e trasmissione meccanica, 13 registri reali, 800 canne, opera realizzata dalla ditta "Castegnaro" di Milano.

- Le icone "nuove" presenti nella cripta dipinte dall'artista bulgara Dora Nicolowa.

- Restauro dell'abbazia e uso della medesima come centro di spiritualità e casa di preghiera.

- Nuova elettrificazione delle campane.

- Allestimento di una piccola biblioteca a sfondo medievale e una piccola sala convegni al piano superiore.

- Ma soprattutto dal 1° maggio 1989 nella chiesa abbaziale non è mai venuta meno la preghiera liturgica: la Celebrazione Eucaristica e la liturgia delle ore. Un piccolo nucleo di volontari vive all'interno dell'abbazia il programma di Benedetto "Ora et labora".

Molte persone durante l'anno, singolarmente o in gruppi vengono ospitate per condividere insieme durante la giornata di preghiera e il servizio in un luogo altamente privilegiato per una forte esperienza spirituale.

Che dire ancora?

Dio è grande! Egli ha fatto molto più di quanto noi potevamo immaginare e pensare.


Articoli tratti da: L'ABBAZIA DI S. EUTIZIO - nella Valle Castoriana presso Norcia Edizione del 1993 - dedicato a Mons. Gino Reali, Vicario Generale della Arcidiocesi Spoleto-Norcia che ha incoraggiato, guidato e sostenuto con zelo pastorale unico questo momento di vita dell'Abbazia.

Un' elegia popolare del 1612 (fra le carte di S. Eutizio)

Questo mio sermone in rima

O' facto con tucto lo core.

Gildo di Cecco 2 magio 1612

Guaita de Sancto Ticio.


Son pecoraro e bado a la mia gregge

Sul monte che d'Euticio è dirimpetto

Se il tempo bono me riscalla e regge

Voglio ferir de Marco lu dispetto, 

De Marco lu compare traditore

Che a tradimento me rubò l'amore.


Canto cussì a l'ombra der genepro

De cerquette, de ornello, de spinose

Gnissun lo sa quanto 'l mio core è 'lepro

Pe la Giuditta mia che ha odorose

Anca le piante delli piedi belli

Senz'ugne longhe, senza croste e calli.


Possa 'l compare mia campà qualch'anno

Tra li spasimi forti di dolore

Delli denti di trippa e anche d'affanno

Je se fermasse subito lo core:

Quello che dico me perdoni Dio

Perchè lo è forte lu tormento mio.


E tu Giuditta mia nun te staccare

Da chi diggiuna e spasima per te,

Lascia quel biscinaccio de compare,

Le pecore te aspettano con me;

Magneremo l'agnelle e la ricotta:

Dunque non me lascià, cara Giuditta.


Magneremo l'agnella e accondimento

Saranno li bacetti e li pensieri:

Li bacetti saranno a cento, a cento

Tutti chiari saronno e assai sinceri.

Da quello giorno ch'io t'ho incontrato

Lo mio core è rimasto insanguinato.


Quando lo sole spunta la mattina

E le cornacchie gireno sul cielo

Te sveglierai anche tu, bella Reggina,

Bella come lo scritto du Vangelo

E pregheremo insieme lo Signore

Che sempre benedica questo amore.


Quanno invece lu sole scappa via,

E dietro li monti scuri se nasconne,

Pregheremo la Vergine Maria

E canteremo assieme co le fronne.

Così avrem finita la giornata

Tu co me ed io con donna amata.

Se tu non torni a me, cara Giuditta

quest'anima l'avrai tanto trafitta.


1612 - 2 magio